Un’iniezione per salvare i pini

Nei Giardini vaticani sperimentato con efficacia un rimedio biologico contro la cocciniglia “tartaruga”.

La cocciniglia “tartaruga”, che sta devastando gli alberi di pino del Vaticano, di Roma e di molte altre città del Sud Italia, ha le ore contate. È stato provato che alcuni principi attivi — in particolare quelli contenuti nell’olio di Neem, un potente antibatterico e antiparassitario — iniettati nella pianta  riescono a distruggere l’insetto. Si tratta di un metodo biologico, che può essere attuato nel pieno rispetto dell’ambiente.  I primi incoraggianti esperimenti per eliminare il parassita  si inseriscono in un progetto, avviato nel settembre 2017  dal  Servizio giardini (ora Giardini e ambiente) del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano. In risposta alle sollecitazioni della Laudato si’ , si è intrapreso un percorso di graduale eliminazione dei prodotti di sintesi impiegati per la difesa e la fertilizzazione delle piante e dei prati, sostituiti con prodotti naturali biologici e tecniche di coltivazione a basso impatto ambientale. Ne abbiamo parlato con il responsabile  Rafael Tornini, che in questa intervista a «L’Osservatore Romano» annuncia il conseguimento di ottimi risultati. 

Qual è l’obiettivo fondamentale dell’iniziativa avviata tre anni fa?

Sin dall’origine con il Progetto Giardini bio abbiamo mirato alla completa gestione in biologico entro il 2022. Lo scopo è stato oggi quasi completamente raggiunto in Vaticano. Infatti, il contenimento dei parassiti avviene in pratica integralmente con fitofarmaci naturali e le concimazioni sono eseguite esclusivamente con fertilizzanti certificati bio, di origine naturale. Le pratiche di diserbo con prodotti chimici, alcuni dei quali ad alto impatto sull’ambiente, sono state del tutto eliminate, praticando il controllo delle erbe infestanti esclusivamente con mezzi meccanici e prodotti naturali quali l’acido pelargonico.

Come è stato possibile  un anticipo di due anni sulla tabella di marcia?

Il percorso fatto in questi anni è stato caratterizzato da non poche difficoltà, in quanto si sono rese necessarie continue prove sperimentali sulle numerosissime essenze erbacee, arboree e arbustive presenti nei giardini.  Occorreva farlo per valutare l’efficacia dei prodotti naturali in commercio sugli innumerevoli  parassiti che colpiscono le piante, alcuni dei quali di recente introduzione da Paesi esteri in Italia e, quindi, anche nel territorio dello Stato della Città del Vaticano. Tra questi va annoverato l’insetto di cui di recente si sta molto parlando, la Toumeyella parvicornis  o cocciniglia “tartaruga”, che sta letteralmente infestando i pini di Roma, come di altre città del centro-sud Italia, con danni  incalcolabili per il paesaggio.

Quale particolarità di infestazione ha questo parassita?

Si tratta di un insetto che si insedia sui rami e presenta una capacità riproduttiva veramente impressionante. Nel periodo primaverile-estivo, in considerazione della sua particolare alimentazione, si nutre della linfa di giovani rami posti all’apice dei pini, emettendo un liquido zuccherino chiamato “melata fisiologica”. In alcuni casi, cade a pioggia dalla chioma, imbrattando ogni cosa che si trova al disotto di essa. La melata, inoltre, tende a distribuirsi sugli aghi, divenendo sito di sviluppo di un fungo di colore nerastro, la Fumaggine, che  provoca una riduzione della fotosintesi clorofilliana, determinando l’essiccazione degli aghi e il deperimento della pianta, fino a causarne la morte nel giro di due o tre anni.

Quanto è diffusa questa parassitosi?

Dalla primavera 2019 la Toumeyella parvicornis  è comparsa praticamente su tutti il pini dei Giardini vaticani e, grazie alla possibilità di effettuare trattamenti alla chioma con saponi di potassio, olio paraffinico e olio di Neem, prodotti di origine naturale non inquinanti e innocui per l’uomo e gli animali, riconosciuti anche dalla vigente normativa italiana sui fitofarmaci, si è riusciti a contenerne lo sviluppo ed evitare danni consistenti alle piante, senza però ottenere un abbattimento sostanziale della popolazione dell’insetto. In ragione di ciò, con lo scopo di trovare una soluzione alla problematica, a partire dal giugno scorso il Servizio Giardini e ambiente ha avviato una sperimentazione su circa 150 pini, impiegando tre principi attivi diversi iniettati nelle piante per endoterapia. Oltre a questo, per inibire l’effetto di stress subito dalla pianta per difendersi, procediamo alla fertilizzazione effettuata a livello radicale con l’aggiunta di micorrize tramite palo iniettore. Questo progetto viene svolto dal consulente agronomo Annibale Gozzi, con la collaborazione del collega Stefano Gregoretti della società Lamas e il supporto della squadra di interventi fitosanitari composta da personale interno e coordinata da Augusto Minosse.

Con quali risultati?

I risultati ottenuti sono ottimi. Si è sperimentata l’efficacia di tutti e tre i principi attivi e, in particolare, dell’Abamectina che ha mostrato una maggiore attività di contenimento del parassita. Osservando un campione di 126 adulti si è ottenuto un risultato del 95,24 per cento  di efficacia per morte di questo tipo di cocciniglia. Una particolare menzione merita l’Azadiractina, principio attivo dell’olio di Neem, noto insetticida e acaricida naturale, con il quale è stato conseguito un risultato dell’80 per cento circa di efficacia per morte. Ovviamente sarà prioritario continuare a valutare tale efficacia in quanto principio attivo biologico e in linea con il progetto in corso, in parallelo con l’Abamectina. Si tratta di una sostanza attiva della quale saranno testate la persistenza nelle piante di pino e, soprattutto, la sua sostenibilità in termini di tutela degli organismi utili e dei pronubi, cioè degli insetti che trasportano il polline da un fiore all’altro.

Fonte: L’Osservatore Romano, n.257 del 7 novembre 2020 - di Nicola Gori

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Un frammento del muro di Berlino nei Giardini Vaticani

Trent’anni fa, il 9 novembre 1989, cadeva il muro di Berlino, uno dei simboli della guerra fredda e della “divisione ideologica dell'Europa e del mondo intero”.

Forse non è così noto che un frammento del Muro venne donato a Giovanni Paolo II in riconoscimento al suo ruolo morale nell’abbattimento di quella cortina di ferro “scesa attraverso il continente” a dividere l’Europa.

Oggi questa porzione di cemento rimanda fortemente alle parole di Papa Francesco che, sempre più frequentemente e sempre con maggior passione, esorta ad abbattere i muri per costruire quei ponti che diffondono “la cultura dell’incontro”, che consentono di “diminuire le diseguaglianze e che accrescono la libertà e i diritti”.

Il pezzo di Muro, alto 3,8 mt, largo1,2 e del peso di 2600 kg, venne messo all’asta nel 1990 nel Principato di Monaco e fu acquistato da un imprenditore italiano, Marco Piccinini. Questi acquisì un blocco con il disegno di una chiesa in virtù del suo riferimento religioso e decise di farne dono al Papa.

Il frammento faceva parte del tratto di Muro che attraversava Waldemarstraße nel quartiere Kreuzberg-Mitte e vi è raffigurata, oltre ad alcuni graffiti, la facciata della chiesa di San Michele che si trovava proprio lì. A seguito della costruzione del Muro il quartiere si trovò spaccato in due e anche la comunità cattolica che lì viveva fu divisa: la chiesa della comunità si trovò a Berlino est mentre la maggior parte dei fedeli risiedeva a Berlino ovest.

Nel 1986 l’architetto berlinese Bernhard Strecker chiese a Yadegar Asisi, artista austriaco di origine iraniana, di dipingere l’immagine della chiesa affinché dall’ovest si potesse avere ancora l’idea di vederne la facciata e si avesse l’illusione di potervi entrare: si trattava quasi di dimostrare la "permeabilità visiva" del Muro (Mauerdurchblick), vale a dire un effetto ricorrente sui lati della cortina teso a rappresentare la città “separata”.

Dallo studio documentale si è appreso che l’opera fu donata al Pontefice nel 1990 ma venne collocata nei Giardini Vaticani, nella sua attuale posizione, ed inaugurata nell’agosto del 1994. Il segmento del Muro è stato posto significativamente in un’area verde lungo il viale di San Benedetto, Patrono d’Europa;  lì accanto è stata posta una lapide di marmo con le parole che il Papa pronunciò nel discorso inaugurale del suo pontificato il 9 novembre 1978 “Non abbiate paura! Aprite le porte, anzi spalancate le porte a Cristo! Aprite i confini degli Stati, i sistemi economici come quelli politici. Non abbiate paura!” in basso è indicato il nome del donatore Marco Piccinini.

La porzione di Muro, oggi a tutti gli effetti un piccolo monumento, è stata restaurata nel 2017 grazie ad un ampio progetto di lavoro coordinato dalla Direzione delle Infrastrutture e Servizi e dalla Direzione dei Musei e dei Beni Culturali del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano.

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Vaticano verde

C’è un’anima bio nei Giardini vaticani: sul territorio compreso all’interno delle mura, ben quindici ettari sono ricoperti di verde, per la cui cura si è scelto di abbracciare completamente la vocazione “green” che rispetta l’ambiente. Il progetto Giardini-bio ha come obiettivo l’eliminazione totale degli anticrittogramici industriali, dei prodotti chimici per combattere i parassiti e le malattie delle piante e l’utilizzo esclusivo di concimi organici senza l’uso di sostanze non naturali. Lo spiega Rafael Tornini, responsabile del Servizio giardini e ambiente del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano.

Il progetto è nato nel 2017 e si è ispirato ai principi enunciati nell’enciclica di Papa Francesco Laudato si’. Da allora a oggi l’adozione del bio per i Giardini vaticani ha raggiunto il 96 per cento sul totale delle sostanze impiegate. Si iniziò già nel 2015 a eliminare completamente il glifosato come agente diserbante, passando all’uso dell’acido pelargonico, che si trova in natura nelle piante Pelargonium della famiglia delle geraniacee. Esso viene irrorato sui vialetti imbrecciati del territorio vaticano solo due volte l’anno per ridurre l’impatto ambientale. Il resto lo fanno gli addetti del servizio, estirpando a mano le erbacce che rispuntano qua e là.

Un altro esempio si è avuto nella scelta di inserire gradualmente prodotti bio contro il Punterolo rosso, sulle 66 palme esistenti nei Giardini vaticani. Su quindici di esse infatti è stato usato il fungo antagonista Beauveria bassiana, in grado di attaccare gli adulti del Punteruolo sviluppandosi all’interno e all’esterno del loro corpo senza avvelenare l’ambiente e la pianta.

«Il principio che ispira il progetto — spiega Tornini — è quello di rinforzare le difese della flora piuttosto che agire in primo luogo sui suoi nemici. Quando il verde è sano è capace di tenere alla larga i parassiti, attraverso una migliore concimazione, un’ottimale potatura e un’attenta riforestazione». Non si tratta, dunque, di creare un ambiente asettico, ma di avere un’attenzione particolare al rispetto della biodiversità, «cercando anche di inserire nella lotta ai parassiti — continua il responsabile del Servizio giardini e ambiente — gli insetti antagonisti che ne sono i predatori, come le coccinelle che si nutrono di afidi».

Inoltre occorre mettere a dimora piante come il Tarassaco o piante aromatiche che attraggono gli insetti predatori. La lotta contro le zanzare, lotta senza fine a questi fastidiosi insetti, assicura Tornini «non vengono più usati i pesticidi chimici, ma prodotti naturali. Senza dimenticare che sono state installate in tutto il perimetro dei Giardini delle casette per pipistrelli, in modo che con il soggiorno di questi mammiferi, molto voraci di insetti, si riesca a contenere la popolazione delle zanzare».

Rientra nell’ottica della creazione di un ambiente sano per il mondo vegetale, anche l’ottimizzazione degli spazi e il reintegro della flora che nel corso degli anni è stata abbattuta o è sparita. «L’attuale conformazione dei Giardini vaticani risale alla creazione dello Stato nel 1929 — ricorda il responsabile —. Durante il tempo, per motivi di varia natura, essi sono stati oggetto di taglio alberi senza che si provvedesse a una sistematica reimplantazione. Sono rimaste così circa 300 ceppaie sul terreno che negli ultimi due anni sono state estratte». Al loro posto sono stati ripiantati 220 nuovi alberi — querce, cipressi, cedri, tigli, tipici della macchia mediterranea — a cui ne seguiranno altri 100 il prossimo anno. In particolare, per evitare la scomparsa dei pini domestici si è provveduto a un’accurata potatura di mantenimento e dove era necessario a un consolidamento dinamico. Lo stesso si è fatto con le siepi di bosso. Sono state sostituite ben 500 piante malate o vecchie e il prossimo anno si prevede di cambiarne ancora un migliaio. Anche il roseto ha subito una bonifica. Sono state comprate 60 piante di rose a cespuglio e ad alberello per rimpiazzare i vuoti che il tempo ha provocato. Anche i 60 esemplari di ulivo sono stati sottoposti a taglio e risistemazione. «Nonostante la potatura venga effettuata non per produzione di olive — commenta Tornini —, due anni fa per esempio si è riusciti ad avere ben 5 litri di olio. Forse il primo ricavato sul colle Vaticano ai tempi moderni». Nella zona dell’uliveto, che si trova dietro la Grotta di Lourdes, sono stati collocati anche dei grandi vasi in terracotta: essi permettono di ripercorrere la storia dello Stato attraverso gli stemmi pontifici sovraimpressi. Infatti sono vasi — che ospitano azalee, coronille, buddlejia e ortensie — prodotti nel corso degli ultimi decenni, a cominciare dai tempi di Pio XII fino a Papa Francesco.

Una punta di diamante del progetto Giardini-bio è sicuramente il nuovo impianto di irrigazione, che prevede un risparmio a regime nel 2020 di circa il 60 per cento di acqua rispetto a quanto avveniva fino al dicembre 2018. All’impianto esistente — risalente al 1932-1933 — nel corso degli anni sono state eseguite modifiche provvisorie che, come spesso accade, sono diventate definitive. I vecchi concetti di irrigazione, oltre che l’usura e i danni alle condutture, provocavano un grande consumo idrico. Si è provveduto, perciò, alla sostituzione e alla nuova installazione di condutture più resistenti e in linea con i principi di risparmio. Sono stati installati temporizzati automatici che possono essere telecomandati da remoto grazie a un server collocato nella sede del Servizio giardini e ambiente, consentendo così anche di sfruttare la possibilità di archiviare i dati sul cloud.

Grazie al nuovo sistema automatico e alla messa in opera dell’irrigazione goccia a goccia per i 12 chilometri di siepi di bosso e di evonimus, si ha un enorme risparmio sul consumo di acqua e la possibilità di gestire tutto senza dover attendere la presenza di un operatore sul luogo. In questo modo, le risorse idriche che arrivano dall’acquedotto Paolo verranno gestite in maniera efficace. In passato, spesso, infatti, quando non si avevano le conoscenze attuali in agronomia, si tendeva a innaffiare in modo eccessivo le piante, indebolendole, provocando un danno e spesso la loro morte.

Grazie al progetto bio i Giardini vaticani diventano così un micro cuore verde al centro dell’Urbe, dove vivono in armonia ed equilibrio flora e fauna, anche se quest’ultima è meno rappresentata, essendo formata allo stato libero da poche tartarughe, qualche volpe, gatti, pappagalli, gabbiani, piccioni e pipistrelli.

Fonte: di Nicola Gori - L’Osservatore Romano n.170 del 27 luglio 2019 - pagina 08

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Si arricchisce il percorso mariano nei Giardini Vaticani

Maggio, il mese tradizionalmente dedicato a Maria Vergine, quest’anno è stato festeggiato con la benedizione di due opere dedicate alla Madonna che arricchiscono il percorso mariano che si è creato nel corso degli anni nei Giardini Vaticani.

Il 10 maggio scorso, con una breve ma assai sentita e commovente cerimonia, è stata benedetta una statua dedicata alla Vergine Mater Ecclesiae, dono degli Stati Uniti d’America in occasione del 35° anniversario delle relazioni diplomatiche tra la Santa Sede e gli Stati Uniti. Il monumento, alto circa 2 metri e realizzato in bianco marmo di Carrara, è stato collocato sul lato sud del Giardino delle Rose. Maria incoronata sorregge sulla destra Gesù Bambino benedicente, anch’esso con la corona, proiettato verso l’osservatore.

La celebrazione si è svolta alla presenza di Sua Em.za il Sig. Cardinale Giuseppe Bertello, Sua Em.za il Sig. Cardinale Kevin Joseph Farrell, Sua Em.za il Sig. Cardinale Donald William Wuerl, don Rafael García de la Serrana Villalobos, e Sua Ecc.za la Signora Callista Gingrich, Ambasciatore degli Stati Uniti d’America presso la Santa Sede.

La cerimonia è stata resa ancora più suggestiva e coinvolgente grazie alla presenza del Coro della Basilica del Santuario Nazionale dell’Immacolata Concezione di Washington accompagnato dal suo Rettore Mons. Walter R. Rossi,

Un piovoso 15 maggio, nella piacevole cornice del Giardino Quadrato, ha visto l’inaugurazione di un mosaico dedicato a Nostra Signora della Presentazione di El Quinche, patrona della Repubblica dell’Ecuador, realizzato con il patrocinio della Conferenza Episcopale Ecuadoriana.

La Vergine di El Quinche, secondo l’iconografia tradizionale, è rappresentata mentre sorregge con la sinistra il Bambino benedicente con il globo crucifero. Con il suo abito bianco arricchito da decorazioni di arte precolombiana, la figura di Maria si staglia su uno sfondo naturalistico che ripropone la vegetazione delle diverse regioni dell’Ecuador e il volo di nove piccoli colibrì.

L’opera, pensata dalla giovane artista Doménica Barahona, è stata realizzata con tecniche miste: mosaico a intarsio, mosaico tradizionale e fusione in bronzo.

Alla cerimonia erano presenti, come di consueto, le Autorità ecclesiastiche del Governatorato, P. Gilberto Freire, Rettore del Pio Collegio Latinoamericano, Sua Ecc.za il Signor José Luis Alvarez Palacio, Ambasciatore della Repubblica dell’Ecuador presso la Santa Sede, e numerosi rappresentanti del Corpo Diplomatico.

Dopo la benedizione dell’immagine, impartita dal Rev.do P. Freire, la cerimonia è continuata con alcuni brani cantati dal tenore Pietro Giacometti.

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Il cammino dei Giardini

I Giardini sono il luogo di riposo e di meditazione del Romano Pontefice sin dal 1279, quando Papa Niccolò III (Giovanni Gaetano Orsini, 1277-1280) riportò la residenza papale dal Laterano al Vaticano. All'interno delle nuove mura, che fece erigere a difesa della sua residenza, il Papa fece impiantare un frutteto (pomerium), un prato (pratellum) e un vero e proprio giardino (viridarium), come si evince anche dall'epigrafe lapidea ora conservata nella Sala dei Capitani presso il Palazzo dei Conservatori in Campidoglio. Questo primo nucleo sorse nei pressi del colle di Sant'Egidio, dove oggi si trova il Palazzetto del Belvedere ed i Cortili dei Musei Vaticani. L'area da dove oggi inizia la visita ai Giardini Vaticani si trova invece nella parte più recente dello Stato, sulla quale furono realizzati i nuovi grandi Giardini che, assieme a quelli del nucleo originario, coprono la metà circa dei 44 ettari sui quali si estende il Vaticano.
 
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